Le caratteristiche principali dei finanziamenti ‘ad alto rischio’
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Indicati dagli esperti del settore come la principale causa della crisi economica scoppiata nel 2008, i mutui subprime hanno, per alcuni mesi, occupato le prime pagine dei giornali economici e non solo. A fronte di un’informazione spesso dettagliata sulle ricadute della bolla speculativa, ben pochi si sono soffermati sulla natura stessa di questa particolare tipologia di finanziamento.
I mutui subprime sono una particolare tipologia di strumento definito “ad alto rischio“. Una qualità secondaria caratterizza questa forma di finanziamento per il semplice motivo che risulta più probabile un mancato pagamento dei clienti. In sostanza, concedendo un mutuo di questo tipo, la banca si espone ad un pericolo maggiore di non ricevere quanto dovuto.
Proprio da questa qualità, non primaria, deriva il nome dei mutui subprime, cioè “al di sotto dei primari”. Nessun tipo di garanzia sufficiente caratterizza quindi i clienti che ricevono il capitale dalla banca. In sostanza l’istituto di credito si espone ad una probabilità, tutt’altro che lontana, di non ricevere il capitale, più gli interessi.
Mutui subprime: come funzionano
La stessa definizione deriva da una precisa classificazione che la finanza americana stabilisce per i vari clienti. Si tratta di punteggio compreso tra i 300 e gli 850 punti: tutti i debitori che hanno un punteggio al di sotto dei seicento venivano definiti come subprime, cioè ad alto rischio insolvenza. Questa classificazione deriva dalla “storia creditizia” di ogni cliente cioè dalla capacità dimostrata in passato di riuscire a ripagare la liquidità ricevuta.
Anche il basso livello dei redditi dei debitori ne caratterizza la classificazione. In sostanza, con questa formula di finanziamento, l’istituto di credito applica dei tassi di interesse notevolmente superiori alla media, appesantendo ulteriormente la situazione del cliente e rendendo, di fatto, ancora più probabile il mancato pagamento di quanto dovuto. Insomma un cocktail pericoloso che, di fatto, ha dato il via alla crisi economico-finanziaria degli ultimi anni.
Si definiscono mutui subrime alcuni finanziamenti ipotecari che prevedono inizialmente un tasso di interesse (fisso) notevolmente basso per un periodo iniziale di due o massimo tre anni. Trascorso questa fase iniziale si passa al tasso variabile molto più “pesante” sulla rata del mutuo. Anche i mutui pick-a payment rientrano nella categoria dei mutui subprime. Si tratta di mutui che prevedono una rata che si adatta alle esigenze che, mensilmente, ogni cliente dimostra. In sostanza viene corrisposta la rata che è nelle proprie possibilità.
Insomma il fattore basilare che caratterizza i mutui subprime è di offrire la possibilità, anche alla clientela meno abbiente, di accedere a forme di finanziamento basandosi su previsioni di una continua crescita del valore degli immobili.
Il ruolo dei mutui subprime nella crisi economica
La concessione di questa particolare forma di mutuo si è diffusa in America già negli anni novanta, con un’ulteriore aumento nel 2000. Una vera e propria esplosione del fenomeno si è registrata dal 2006 quando l’utilizzo dei mutui subprime ha raggiunto l’ammontare totale di oltre seicento miliardi di dollari.
Ma è stata la fase successiva ad innescare la bolla degli anni scorsi. In sostanza le banche hanno cominciato a vendere questi titoli di credito agli investitori finanziari internazionali diffondendo i prodotti finanziari pericolosissimi in tutto il mondo.
L’intero processo si è basato attraverso la “cartolarizzazione” dei mutui con l’utilizzo di strumenti finanziari derivati. Le banche hanno emesso delle obbligazioni, basandosi su questi crediti, vendendole ad altri istituti di credito con la garanzia del pagamento del cliente, tutt’altro che sicuro.
Nel 2006 è cominciata la serie di insolvenze da parte dei clienti mandando in crisi sia le banche che avevano concesso i mutui subprime che quelle che si erano occupate della cartolarizzazione oltre ai vari istituti che, in giro per il mondo, avevano acquistato le obbligazioni derivanti. Colossali banche hanno così cominciato a vacillare con l’intervento dei vari stati impegnati ad impedire danni ancora maggiori. Il risultato è stato che i vari contribuenti, nei fatti, hanno ripagato i disastri delle banche.